Sdoganamento in mare:
una nuova procedura ma ancora tanti punti da chiarire

Le proposte di Sat per uscire dall’impasse

Con la circolare dell’Agenzia delle Dogane del 24 settembre scorso la comunità dello shipping sperava di poter finalmente tirare fuori lo champagne dal frigo e festeggiare il decollo delle procedure di sdoganamento in mare, uno dei cavalli su cui tutti puntano per ridurre l’incertezza legata ai tempi di uscita delle merci dal porto. Qualcosa, però, sembra essere andato storto anche questa volta.

Lo scoglio del “porto precedente”, che rendeva del tutto inefficace la procedura per più del 50% delle navi che scalavano Genova provenendo dalla Spezia o da Livorno (con un transit time di 5-6 ore), è stato finalmente superato, rendendo possibile la dichiarazione della nave una volta passati gli stretti (Gibilterra, Dardanelli e Suez), ma sono altri, i punti che ancora risultano opachi.

Quello che salta subito agli occhi, in questa nuova procedura, è la non completa comprensione della differenza sostanziale tra due figure professionali coinvolte nello sdoganamento delle merci, ovvero tra lo spedizioniere nave e l’armatore o il suo rappresentante, l’agente marittimo. Il primo, nonostante sia il responsabile del manifesto merci, agisce su mandato del secondo e per lui opera in nome e per conto. È quindi difficile comprendere come allo spedizioniere nave possano essere attribuite responsabilità per situazioni particolari e irregolari, sanzionabili addirittura con la perdita della certificazione AEO.

Un esempio? A seguito di condizioni meteo marine avverse la nave si trova costretta a cambiare destinazione dopo che il suo carico è stato preventivamente sdoganato. Secondo le nuove procedure, il responsabile del manifesto, quindi spesso lo spedizioniere nave, deve comunicare la deviazione al reparto antifrode delle Dogane e da questo venire autorizzato allo sbarco dei container in altro porto. Ogni irregolarità nella gestione di questa procedura viene imputata allo spedizioniere anche se la deviazione della rotta è un’informazione che non gestisce direttamente e di cui è responsabile colui che “comanda” la nave o il suo rappresentante.

In questo contesto viene difficile pensare che gli spedizionieri siano disponibili ad assumersi oneri di azioni che non possono controllare direttamente: cambi destinazione, congestione dei terminal, cambio di rotazione, ritardi. È evidente come in molti sceglieranno di non usufruire delle procedure di sdoganamento anticipato per non correre eccessivi rischi professionali.

Ma non è la sola situazione controversa della nuova procedura, che risulta confusa anche laddove esclude dallo sdoganamento in mare le navi ro-ro, pratica già istituita nel Porto di Genova sin dal 2015 per i traghetti provenienti in prevalenza dal Nord Africa e risultata particolarmente utile in questi anni. Potendo presentare il Manifesto Merci in Arrivo due ore e mezza prima dell’arrivo della nave in porto, si permetteva al ricevitore o al transitario di avere abbastanza tempo per l’operazione doganale di importazione o di transito. In questo modo si procedeva allo sbarco di tutti i trailers, che potevano uscire immediatamente dagli spazi portuali per raggiungere le destinazioni finali, con evidenti vantaggi per tutti: la nave si liberava velocemente del carico, il terminal godeva di aree decongestionate e la consegna a destino era certamente più rapida. È proprio grazie all’efficienza raggiunta con questa procedura che il porto di Genova ha visto incrementare di molto il traffico merci dei traghetti.

Anche la comunicazione del punto nave a conferma del passaggio dagli Stretti, fino a oggi di competenza della Capitaneria di Porto attraverso il sistema VTS e che oggi viene richiesta ai responsabili del manifesto, sembra andare in senso contrario a uno snellimento burocratico in capo agli operatori e a un maggior dialogo tra amministrazioni coinvolte, da sempre auspicato e incentivato.

Infine, i problemi sembrano esserci anche per le navi bulk che trasportano prodotti petroliferi ed energetici escluse dalla possibilità di sdoganamento anticipato dall’attuale procedura (ma non dal regolamento doganale comunitario) per cui la convalida del manifesto deve avvenire al momento dell’accosto, che ricordiamo può avvenire nell’arco delle 24 ore della giornata, notte fonda compresa. Questo costringerebbe a estendere l’orario dell’operatività degli uffici degli spedizionieri, gravando sui loro conti economici e segnando un passo indietro agli accordi raggiunti in passato, per cui il manifestato poteva essere flussato a poche ore di distanza dall’accosto.

Ci sono tuttavia due soluzioni che ci sentiamo di mettere sul piatto per scongiurare l’ennesima inapplicabilità dello sdoganamento in mare: dare la possibilità agli spedizionieri, come già avviene per il Manifesto Merci in partenza, di inviare alla Dogana, in più fasi, la merce da dichiarare in A3, oppure mantenere identiche le vecchie procedure, con la sola modifica dei tempi per flussare il manifesto, estesi a 48 o 60 ore prima dell’approdo; un tempo ragionevole per rendere finalmente applicabile la procedura.

Lo sdoganamento anticipato delle merci, che mette in condizioni l’amministrazione doganale e gli operatori di sapere con largo preavviso se le merci devono essere sottoposte a verifica o se possono uscire dall’area portuale senza ulteriori controlli oltre a quelli documentali già effettuati prima dell’arrivo della nave, è sempre stato al centro delle discussioni per ottimizzare e rendere più certi i tempi di uscita delle merci dal porto, oltre che per decongestionare gli spazi a piazzale nei terminal. Su questo tema spesso ci si gioca la partita del vantaggio dei transit time con i porti Nord Europei, concorrenti da sempre per il fiorente mercato della Pianura padana e del Triveneto, cuore della seconda manifattura europea in termini di produzione.



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